Mi
capita spesso, ne devo aver già fatto cenno in questo non luogo, che
quando qualcuno, parlando di sé stesso, puntualizza ripetutamente
una o più peculiarità proprie io rizzo le antennine.
Più
son nobili, o comunemente ritenute tali, le caratteristiche che il
mio interlocutore si attribuisce e più a fondo scava la mia innata,
e talvolta fastidiosa, osservazione.
La
coerenza è una
delle proprietà ritenuta, dalla stragrande maggioranza dell'umanità,
eccelsa.
Per
quel che mi riguarda non la ritengo poi così regale perché
spesso, dietro a questo termine, si cela una mera ottusità;
sono
rare le persone a cui riconosco coerenza.
Talvolta
dico
che,
essendo
pochi gli argomenti
in cui mi riconosco una granitica
coerenza e
amando il
coraggio del cambiamento, sono
coerentemente incoerente.
Proprio
sulla coerenza ho visto cadere eserciti di umanità
tutta d'un pezzo.
Nauseabondi
tentativi di mostrare al mondo ciò che si vorrebbe essere
spacciandolo per ciò che si è veramente.
Qualche
tempo fa, poco tempo fa, ho
rivisto
un uomo al quale sono stata legata sentimentalmente per alcuni anni.
Non
farò, per ovvie ragioni legate al privato, il suo vero nome. Primo;
lo chiamerò così in onore di uno degli autori da lui più amati.
Primo
è sempre stato un uomo particolarmente affascinante, direi bello.
Molto
alto, occhi azzurro mare, la
barba argentata come la
sua folta, e decorosamente scompigliata, capigliatura.
I
miei ricordi con lui sono molteplici, ma ciò che più spicca è il
suo, molto torinese, garbato modo di fare.
Un
comunista modello Italia anni '80, vecchio PCI
per intenderci. Un uomo che ha fatto parecchia
strada nella sua vita lavorativa, uno che si è sempre dato da fare.
Una
trentina di anni fa ha avviato un'attività artigianale
che si
è,
grazie alla sua capacità umana e imprenditoriale, espansa.
La
mentalità duttile di
Primo,
pronta al cambiamento, ha fatto sì che, con l'avvento della crisi,
mutasse in buona parte l'origine della ditta e si ampliasse
nonostante le molte difficoltà dei mercati.
Ora
è una bella azienda solida con alcuni dipendenti
Primo,
nel nostro incontro, mi raccontava
di alcune vicissitudini legate alla sua salute che lo hanno indotto a
decidere di smettere di lavorare.
L'agiatezza
raggiunta negli anni di attività e la malattia, però, non lo hanno
reso insensibile, anzi…
Sono
stata io a chiedergli
cosa
fosse stato dell'azienda,
Primo,
conoscendolo bene, non ne avrebbe fatto cenno; egli è un signore, un
vero Signore.
La
ditta tutta, furgone nuovo compreso, è stata donata.
Mi
spiega che, dapprima, aveva proposto a tutti i dipendenti di
proseguire senza di lui, ma solo uno di loro si è sentito di
continuare.
L'ex
dipendente,
oltre al non licenziamento dei colleghi, avrebbe
dovuto,
entro
un certo tempo, assumere personale.
Altra,
e ultima, clausola è che l'azienda
non potrà
essere ceduta in cambio di denaro, ma donata a
sua volta.
Il
tutto condito da una serie di eccezioni, ovviamente, legate alla
possibilità o impossibilità del mercato che non starò a elencare.
Be',
la notizia bella è che l'attuale amministratore ha già assunto, a
tempo indeterminato, un dipendente.
A
ben pensarci, Primo, non ha mai parlato di coerenza… ha sempre,
però, agito con quel garbato silenzio che riconosco a un torinese
D.O.C.
Mi
pongo una domanda: sono una donna fortunata perché ho
incontrato
qualche vero Uomo o in gamba perché evito i
blagueur?
Mah...
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