Un libro diviene, per me, un compagno che segue “accompagnando"
i miei pensieri sino a sfiorarmi la pelle.
Intime sensazioni.
Una particolare eccitazione mi pervade quando alcuni miei
pensieri, talvolta antichi, li ritrovo in bella mostra sulle loro pagine; come
un’offerta, come un oggetto caro restaurato da abili mani, come un profumo
nascosto tra le pieghe della memoria.
Lì, avverto lo scrittore similmente a un compagno discreto,
un amante capace di leggerti dentro, percepisco una sottile sensazione di
appartenenza, lo sento nel profondo della mia essenza come venuto da un “già
stato”.
Accosto le narici tra la piega della rilegatura per
impossessarmi della sua fragranza.
Sono affascinata dalla copertina, dalla sensazione che provo
carezzandone la superficie; talune richiamano alla memoria il senso tattile
della seta.
L’immagine; un silente custode sulla soglia, là per
accogliermi.
Non leggo mai prima la prefazione, amo entrare con gli occhi
bendati, mi piace farmi sorprendere.
I personaggi hanno connotati fisici precisi che non assegno,
razionalmente, loro; mai hanno assunto una somiglianza di qualcuno a me
conosciuto nella vita e neppure acquisiscono, o hanno acquisito, fattezze di
personaggi già incontrati in altri libri.
Sento e ascolto le loro voci, le risa, i sussurri.
Ne osservo l’incedere, riconosco le differenti gestualità.
Procrastino la lettura quando, il libro, volge al termine;
mi preparo al congedo.
Gratitudine per il senso d’intimità che riesce a donarmi.
Quando leggo l’ultima parola, quella che sancisce la fine,
sono pervasa da una densa sensazione di tristezza, una percezione come di
abbandono.
Avverto un vago senso di solitudine.
Melanconia celata da un sorridente commiato: come quando si
saluta qualcuno con la consapevolezza che “addio” sarebbe più onesto di
“arrivederci”.