giovedì 29 agosto 2013

La poesia che non ho scritto di Raymond Carver

Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.

mercoledì 28 agosto 2013

Ufficio baratti

Se esistesse un ufficio baratti… io baratterei:
ogni parola rabbiosa da me proferita con il gioco del silenzio
gesti donati a chi oggi non ha volto con braccia conserte
tutti i sorrisi sciupati con maschere di cera
i miei passi compiuti verso il vuoto con una sedia a dondolo
tutte le parole non dette con un magnetofono Castelli
i pensieri usitati con fogli bianchi
le carezze superflue con un manicotto di lana
la comprensione dello sterile con L’Arte della Guerra di Sun Tzu
ogni istante di vana attesa con una motocicletta
tutti i sogni non realizzati con una notte in un museo
per ogni desiderio inadempiuto una biglia di vetro colorata
ogni singola preoccupazione per chi non è Stato con bottiglie di vino rosso
ciascuna lacrima dedicata al nulla con un carillon
la speranza con un paio di pattini a rotelle
gli attimi di malinconia con un biglietto del treno
l’amore donato in malo modo con una passeggiata sugli Champs Elysées
tutte le illusioni con cinque sedute d’ipnosi
la mia pittura con un fermaglio per capelli

lunedì 26 agosto 2013

Jorgos Skolias & Bogdan Holownia - Summertime


Il suggerimento di questa settimana ci porta in Europa.
Siamo in Polonia, nazione che da sempre è stata fucina di talenti capaci di scrivere pagine importanti per il mondo delle magiche note.
Krzysztof Komeda, Tomasz Stańko, Grażyna Auguscik, Piotr Baron; citarli tutti diventerebbe davvero complicato.
Oggi v’invito all'ascolto di un pianista che merita un'attenzione particolare.
Lui è Bogdan Holownia, pochissimi i suoi concerti in Italia ed è anche raro trovare i suoi cds ne negozi specializzati.
Lo andiamo ad ascoltare in duo con una voce abbastanza particolare, Jorgos Skolias, anche lui facente parte della scuola Polacca.

Alcuni  suoi cds in Amazon.
http://www.amazon.it/BOGDAN-HOLOWNIA-THE-SUNNY-SIDE/dp/B00A6N5KBU/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1377447552&sr=8-1&keywords=bogdan+holownia
http://www.amazon.it/BOGDAN-HOLOWNIA-JUST-FRIENDS/dp/B009TPS7EI/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1377447599&sr=8-2&keywords=bogdan+holownia
Il suo sito ufficiale.
http://www.holownia.pl/dyskografia.html

giovedì 22 agosto 2013

Ma è meglio tacere

                                                       
Ma: congiunzione coordinativa…


Non sono razzista, ma…
Disapprovo la violenza sulle donne, ma…
Non sono contrario ai matrimoni gay, ma…
Sono bravo e buono, ma…
Non sono contrario alle adozioni di bambini da parte di coppie gay, ma…
Non sono fascista, ma…
Non ho niente contro i meridionali, ma…
Sono contrario alla vivisezione, ma…
     
     Ma: congiunzione coordinativa “ avversativa”
     

lunedì 19 agosto 2013

Thelonious Monk with John Coltrane














Quello che mi permetto di suggerirvi, oggi, è l'ascolto di un disco del 1961, prodotto dalla Riverside Records.
Personnel: Thelonious Monk — piano John Coltrane — tenor saxophone Ray Copeland — trumpet on "Off Minor" and "Epistrophy" Gigi Gryce — alto saxophone on "Off Minor" and "Epistrophy" Coleman Hawkins — tenor saxophone on "Off Minor" and "Epistrophy" Wilbur Ware — bass Shadow Wilson — drums on "Ruby, My Dear," "Trinkle, Tinkle," and "Nutty" Art Blakey — drums on "Off Minor" and "Epistrophy".

Buon ascolto
Angelo






Stefano Benni, grande appassionato di jazz, a lui ha dedicato una  dei suoi lavori il cui titolo è: " Misterioso. Viaggio nel silenzio di Thelonious Monk."
Dal succitato alcune frasi:

Mi chiamo Monk, Thelonious Monk:
E ho qualcosa in testa che vi devo proprio raccontare
Ogni silenzio è diverso da un altro
Ci sono silenzi di cui non ci accorgiamo
Altri che ci prendono alle spalle e ci imprigionano nel gelo
Silenzi che ci cullano
E altri che ci riempiono di inquietudine
Silenzi che rendono tutto più chiaro, come una vampata di luce
E silenzi oscuri, in cui brancoliamo storditi
Silenzi in cui nasce una bufera di pensieri
E silenzi che generano altri silenzi da cui altro silenzio nasce

Tra una parola e l’altra c’è sempre un breve silenzio
In cui puoi sentire il respiro e il pensiero
E nel concerto, una sola nota e poi silenzio
E il silenzio dopo una nota diventa silenzio
prima di qualcosa, silenzio che attende
Blues, urlo, sparo o voce amica

E ci sono silenzi che parlano
E altri che si chiudono dietro di sé come una porta d’acciaio
Il silenzio del malato nel letto
E delle macerie dopo il morso della bomba
degli amanti che dormono
Il silenzio del crepuscolo con Nellie
Della mia solitudine vicina e della tua voce lontana.


STEFANO BENNI
(Per chi fosse interessato è ancora reperibile su ibis)

http://www.ibs.it/code/9788807490415/benni-stefano/misterioso-viaggio-nel.html ) http://www.amazon.com/Thelonious-Monk-John-Coltrane/dp/B000000Y2F

sabato 10 agosto 2013

Un regalo di Natale in agosto.


I mezzi di comunicazione a nostra disposizione, oggi, sono molteplici:
Telefono (Fisso, per chi ancora lo possiede)
Cellulari (Spesso più d’uno)
Indirizzi di posta elettronica (Io stessa ne posseggo una decina)
Chat varie (Skype & affini)
Social network (Vari & a-variati)
Telegrafo (Telegrammi)
Missive cartacee (Lettere con francobollo se spedite o senza se recapitate a mano)


Il telefono se fisso lo è perché, ovviamente, lo stesso è all'interno della nostra abitazione.
Ricevere le telefonate in casa è un po’ come invitare un ospite a entrare nella propria magione.
Implica, a parer mio, una certa dose di confidenza; tant'è  vero che, come me, molti non sono avvezzi a comunicarne il numero con facilità, sebbene gli stessi siano agevolmente reperibili.
Vi è poi il fratello “moderno”: il cellulare, il piccolo telefono.
Oggetto che personalmente ho sempre detestato del quale oggi, pare, non si possa fare a meno.
Scordare lo stesso provoca preoccupazioni che talvolta inducono a tornare indietro per riprenderlo.
Lo collochiamo in tasca, in borsa. Lo poniamo in bella vista sul tavolino di un bar, sul sedile della nostra autovettura come fosse un passeggero onorato. Al ristorante non è mai perso di vista, il bambino.
Dopo svariate ore passate in sua compagnia, prima di deporlo per la notte, lo controlliamo.
Controlliamo che non ci sia sfuggito il messaggino, la telefonata.
C’è chi controlla posta e le notizie dai social.
Le rubriche del “telefonino” sono spesso stracolme di numeri e nomi senza più alcun volto.
Nomi di persone che hanno sfiorato la nostra esistenza in mille e più modi, ma che a un certo punto, e per svariati motivi, non ne fanno più parte: perdono, nella nostra memoria, volto e voce (almeno nella mia funziona così).
I numeri inutili di persone ormai anonime.
Vogliamo parlare delle e-mail? Spesso mal scritte, vuote comunicazioni pressoché impersonali.

Ricevo non so più quante e-mail al giorno, fatte salve quelle delle mie pochissime persone care, si tratta di missive frettolose, insulse e sovente mal scritte.
Eccoci alle amate/odiate chat.
Lì, oltre alle normali comunicazioni di e per lavoro o tra amici distanti, può succedere di tutto.
Videochiamate quasi ad anticipare la possibilità futura di teletrasporto.
Trasporto della materia; la pelle.
Distanze chilometriche pressoché annullate.
Intimità portate a schermo, voci suadenti e pezzi di case apparentemente presentabili.
Il nostro piccolo, miserabile e codardo mondo riassunto in “pollici”.
La mortificazione dei sensi.

Poste e telegrafi:
 “ Buongiorno signorina, vorrei dettare un telegramma… “.
A chi non è capitato di proferire parole simili da una comune cornetta telefonica o allo sportello di un ufficio postale?
Chi non ha avvertito accelerazione dei propri battiti cardiaci, sebbene lo stesso non sia sempre portatore di brutte notizie, al ricevimento di un telegramma?
Il telegramma è per poche parole, parole ufficiali molte volte importanti.


Le missive cartacee, le lettere, le epistole.
Quelle bustine garbate che celano discretamente il loro contenuto.
Tatto che le analizza voltandole da un lato e poi dall'altro.
 Vista che, leggendo il nome del mittente, rimanda al cervello l’immagine del nostro ospite.
Immagine che evoca il suono di una voce.
Gratitudine per l’individuo che ti sta facendo sentire “ La Persona”.
Riconoscenza per un particolare senso di “Unicità” che comunica.
Una piccola busta di carta; lei, così delicata, discreta portatrice di parole scritte da qualcuno per qualcun altro.
La lettera è personale, un sussurro rispetto alle “strilla comportamentali” dalle quali siamo costantemente bombardati.
Ho ricevuto pochi giorni orsono una piccola busta.
Il mittente, un uomo garbato, che oltre ad occuparsi di altro nella sua vita è anche un fabbricante di musica jazz.
Signore che carezza e dialoga sapientemente con le corde del suo contrabbasso.
E’ parecchio tempo che non l’incontro, le vite, come spesso accade, prendono direzioni diverse.
Lui non si è limitato a scannerizzare l’invito a una jam session alla quale prenderà parte e a inviare il tutto tramite veloce, sì, ma fredda posta elettronica.
 No, lui ha pensato di cercare l’indirizzo del mio attuale domicilio, ha inserito il prezioso invito all'interno dell’amabile busta accompagnandolo con una lettera scritta di suo pugno.
 Un insieme di vocali, consonanti, virgole, punti e tutto il resto che mi ha reso felice.
Ho apprezzato profondamente il tempo, quel tempo, il suo tempo, dedicato solo a me.
Una porzione della sua esistenza svuotata dalla fretta ed esente dal dilagante pressappochismo.
Gesto da me apprezzato perché colmo di delicatezza e scevro da ogni forma di volgarità.

Era un desiderio che avevo reso pubblico, un po’ per scherzo, molti mesi fa e lui, grande osservatore, lo ha realizzato… un regalo di Natale in agosto.







giovedì 1 agosto 2013

La stima

Mi sono soffermata a pensare, negli ultimi giorni, a un sentimento importante e forse un po’ desueto: la stima.
Avere stima di qualcuno per quello che è - non per quello che ha o mostra - dovrebbe essere importante.
Pare che così non sia quasi mai o quasi più.
Questo mio pensiero è scaturito da un piccolo fatto, apparentemente insignificante, del mio quotidiano.
Pochi giorni or sono, in maniera del tutto naturale, mi son trovata a dire a una persona che conosco da un tempo relativamente breve: “ Ti stimo”.
Fin qui, forse, nulla di strano.
 Strana è stata l’espressione di stupore sul viso di un uomo che, evidentemente, ha fruito la mia considerazione come bizzarra.
Allo stesso, immediatamente dopo lo stupore, si è acceso un sorriso sfolgorante.
I suoi occhi si son socchiusi facendo intravvedere un azzurro che, a causa  della sua intensificazione, m’è parso quasi turchese.
 Questa reazione emotiva da parte del mio interlocutore mi ha fatto pensare al valore di questo sentimento.
Un sentire non elargibile a chiunque, da concedere con parsimonia, oculatamente.
Un valore aggiunto.
Ammetto che sono poche, pochissime le persone che stimo.
Presa in considerazione la stima m’è venuto naturale comparare il suo contrario: disistima, disprezzo.
A chi non è capitato di stimare incautamente qualcuno per poi trovarsi a disistimare o peggio disprezzare l’umano/a in questione?
Per questa ragione ritengo preziosa la stima da me provata parimenti a quella che ricevo.
Se ricevere, avvertire disistima è spiacevole lo è analogamente provarla per qualcuno.
Rimane comunque una sorta di grave errore di valutazione perché nutrire disprezzo per chicchessia, si ha conseguentemente a una disamina errata o a causa di sensazioni rimaste inascoltate.


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