lunedì 22 agosto 2016

La società è malata; che muoia la società!


Sono spesso tacciata d'esser cinica, quando va bene, o, quando va male, d'esser una vera bastarda; sarà vero, non lo so e neppure m'interessa saperlo.
Uso sempre meno, e sempre più con notevoli restrizioni ai più o ai meno, i famigerati social: FB in testa.
I miei contatti sono pochi, rispetto alla media dei possessori di profili, e di quei pochi, di tanto in tanto, ne elimino qualcuno per mancanza d'interazione.
Non rientra nei miei interessi possedere un “supermercato di carne informe e virtuale”.
Se un social non socializza mi pare perda anche quel misero scopo.
Il lezzo di solitudine che emettono questi non luoghi spesso m'intristisce ed è, anche, per codesto motivo che il mio accesso diviene talvolta sporadico.
Attribuisco, tuttavia, agli stessi alcuni meriti.
Ho ritrovato persone delle quali avevo perso le tracce, ho riallacciato un rapporto personale molto importante, ho conosciuto persone che oggi mi sono care e altre che care non lo sono più.
Ho aderito a svariate pagine musicali o d'informazione, posso sapere, e quindi visitare, mostre e spazi di mio interesse.
Mi è stato possibile avere contatti con curatori, critici, galleristi e associazioni; ho ricevuto messaggi personali il cui pensiero ancora mi commuove e molto altro.
Viviamo un tempo strano, un tempo di transizione che ci fa paura perché non sappiamo dove ci condurrà. Mi pare estremamente adeguato definirlo, così come fa qualche giornalista, un tempo liquido il cui contenitore è invisibile.
Talvolta percepisco questa nostra società come una sorta di grande piazza gremita da individui chiassosi, persone intente a raccontare, ognuno, la propria fiaba.
In questo nostro strano modo di fingere una “dignitosa” sopravvivenza, e un ancor più falso “va tutto benissimo (pronunciato con almeno 4 esse), non sappiamo più vergognarci.
La vergogna è sentimento che non ci appartiene più… e si vede.
Quel vermiglio che invade con calore le gote, quell'impulso che ci vorrebbe sotto delle pezze nascosti al mondo intero, ecco; quella sensazione di disagio che, dopo essersi impossessata delle guance, pervade tutto il corpo e che si avvinghia come un polipo allo stomaco; quel sentire noi lo abbiamo perduto.
L'assenza pressoché totale del suddetto sentimento si ravvisa in ogni comparto della nostra malata società.
Una classe politica che a definirla disgustosa è farle un gran complimento, che comunque, ci piaccia o meno, è il nostro specchio; il nostro doppio… siamo noi.
Genitori impazziti che, riconoscendo genialità nei propri pargoli, genialità che vedono solo loro perché, evidentemente, si drogano pesantemente, rompono i cabbasisi al globo intero con la loro incessante invasione: vedere scuola, per fare un solo esempio su mille.
Vergogna senza la quale manca la capacità analitica, l'onestà intellettuale e la giusta dose di umiltà che ci permetterebbe di scusarci con il prossimo.
Siamo dei codardi disonesti che, anche grazie alla virtualità, riusciamo a imbellettarci celando, così, una misera esistenza.
Vite fatte di solitudine e pochezza intellettiva, per non parlare della pressoché assente intelligenza emotiva. Non ho le carte in regola per scrivere quanto dobbiamo addebitare all'uso, spesso compulsivo, dei social, questo è un compito che spetta a sociologi e psicologi, ma è certo che lo stare nascosti dietro a un “paravento” non fa di noi degli impavidi.
Quasi come se fossimo formiche ubriache capitate nella centrifuga di una lavatrice, viviamo così questo tempo veloce e incomprensibile.

“Non ho capito dove sei in vacanza perché sul tuo profilo FB hai scritto niente e poi perché non rispondi ai miei commenti?”

Questa, per sommi capi, la frase che un mio amico ha proferito in una telefonata.
Voglio precisare che prima di pubblicare queste righe ho fatto a lui il discorso sulla vergogna, preciso, inoltre, che mi è stato concesso il permesso di citare la sua frase.
Ma quel che mi preme chiarire è che la persona in questione è uomo innanzitutto molto intelligente, colto, con una posizione sociale invidiabile e, fattore non trascurabile, assai affascinante.

Fatte le debite precisazioni e avendo indotto alla “vergogna” il mio interlocutore per le oscenità da lui proferite, ho chiarito alcune, per me urticanti, motivazioni sul mio distacco progressivo dai non luoghi… dopo la più importante: la mortificazione di tutti i miei sensi.
Il disamore, se di amore precedente si può parlare, è avvenuto osservando quanto privato viene sbattuto allegramente in piazza.
Messaggi che, per rispetto verso l'altro, dovrebbero essere recapitati direttamente al destinatario dal mittente in persona vengono, invece, elargiti al “pubblico” il quale, ignaro del vero senso di quella pochezza e incapace di “tacere”, risponde come se fosse un coro di sorci squittenti, topi che si nutrono d'immondizia senza valore.

Ho passato un po' di tempo a curiosare alcuni profili, non solo quelli dei miei contatti, prima di provare un senso di pura e profonda tristezza.
Ho spiato, soprattutto, i commenti a frasi e altro.
Spesso accozzaglie di insensate frasi farcite di superlativi “assolutissssimi” e lodi sdolcinate con evidenti tentativi di emergere da quell'anonimato che, in questo oggi, risulta tanto fastidioso.
Nel mio attacco di voyeurismo statistico ho riscontrato, inoltre, un uso smodato di quelle faccine (emoticon).
Bamboccetti che spruzzano cuori e aMMore a volontà.
Le animazioni inondando le righe, piccoli spazi messi a disposizione dal domatore occulto, con quella felicità in plastica tanto in voga e che, calorosamente, ci ordinano di mostrare.
Il destinatario non ne esce meglio, anzi, per molti versi assume le sembianze di un penoso vanesio che pare ricercare, nei plausi della platea di spilli impazziti, la soluzione definitiva al suo, palese, complesso di inferiorità.
Se poi il “ricercatore o ricevitore” di tali attenzioni assume, come uso o tattica, il silenzio, ossia non degna la platea neppure di un misero, ma tanto agognato, “mi piace”, ecco che allora riesce nell'intento di indurre tacitamente il poveretto/a a credere nella sua preminenza.
In questo mare di strazianti tentativi di emersione vi sono, è onesto scriverlo, profili molto ben gestiti.
Pagine personali delicate infarcite di buona musica, notizie importanti e intelligenti disquisizioni.
Solitamente sono profili adoperati con scopo divulgativo, ma anche con quella giusta e garbata dose di frivolezza.
Sono tuttavia il numero minore.
Se riuscissimo ancora a vergognarci sparirebbe la stragrande maggioranza di questa classe politica.
Riusciremmo a fruire di buone letture giornalistiche, evitandoci fastidiose gimcane fra articoli di prezzolati scribacchini.
Vi sarebbe una moria di punti esclamativi e un pensiero rivolto ai defunti superlativi assoluti.
Se ci riappropriassimo del sentimento succitato tornerebbero, timidamente e discretamente, congiuntivo e condizionale, sparirebbe Io, Io, Io e gli scarrafoni sarebbero belli a mamma loro e, per libera scelta, a pochi altri.
Insomma: il rossore del volto ci farebbe apparire più simili a degli umani lasciando ai sorci il loro squittire.


Ma che muoia questa società fatta anche da me!











domenica 14 agosto 2016

Buone cose...

               






                                         Buone vacanze a tutti... a tutti meno uno




                       

Michel Petrucciani - "Estate" - Live 1991

mercoledì 3 agosto 2016

Dialoghi muti




Le immagini concepite dalla mia fantasia sono rimembranze la cui cancellazione è assai complessa;
per alcune di loro, pressoché, impossibile.


                  






     
                             

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