mercoledì 28 ottobre 2015

Cattive sensazioni


Provare un sentimento di vergogna per qualcosa che mi riguarda è sensazione disagevole.
Riesco a fatica, solo quando il visibile vermiglio cede il posto al normale colorito delle mie gote, a giustificare tale impaccio.
Diversa cosa è il sentimento incontrollabile di vergogna che, nonostante sia consapevole di non aver alcun “diritto” su di esso, come un guizzo invadente si palesa quando il suddetto imbarazzo lo provo per l’altro; al suo posto.
Sensazione orribile, obbrobriosa la quale, quando è da me percepita, avvolge, come bava di lumaca, l’idea che del soggetto in questione m‘ero fatta, trasmutandolo integralmente e indelebilmente ai miei occhi.
                           
                            

venerdì 5 giugno 2015

Lasci la scia, lasciati

È tutto un lascito.
Lascia stare
Lascia che sia
Lascia fare
Lascia che dicano
Lascia che facciano
Lasciati trasportare
Lasciati andare
Lasciati consigliare
Lascialo andare

                Lasciati 
                             



                                 

mercoledì 27 maggio 2015

Questa mia a Voi per...

                                                                       

                                                                        Nonluogo, 27 maggio 2015
Caro signore,
il nostro tempo non è il mio rimpianto... è solo il vostro.

Vostra Io

  
                             

lunedì 25 maggio 2015

Caro cumulo di fogli solcati da una HB...


                  



Giornata pesa, caro cumulo di fogli solcati da una HB.
Talvolta cerco di immaginarti con fattezze umane, in fondo mi accompagni, tranne alcuni periodi, da tutta la vita.
Sarò una maniaca, affetta da ossessione di sfogo su carta?
Non ti pare ch'io sia un po’ attempata per avere ancora il “diario personale”?
Rileggere Loredana poco più che bimba, devi sapere, che m’intenerisce.
Nessuno leggerà quegli scritti, alla fine organizzerò un falò, brucerò tutto di me e di te.
A ben pensarci, fatte salve le fisicità, tu sei un amante appagante.
Solo vorrei, che di tanto in tanto, mi rispondessi, non è cosa buona avere sempre la tua tacita e discreta approvazione.
In fondo non sono mai cambiata.
Da piccina avevo l’amico immaginario; il folletto. Buffo lui che si abbarbicava sull'armadio della zia Lina. Piccino e velocissimo mi faceva tanto ridere.
In seguito arrivasti tu, o per meglio dire, il primo te arrivò dopo l’ennesimo blocco di carta e matita che chiedevo in dono alla mia mamma.
Blocchetti a quadretti che annusavo e carezzavo, ma che lasciavo, immancabilmente, senza segni di vita, intonsi e profumati di carta.
Maledetta mania: la carta. 
Nel mio mondo esistono uomini di carta, con veri cuori di carta, carta velina stropicciata.
Perché mai il mio mondo dovrebbe integrarsi con il mondo vero?
Il mondo vero non è come io lo vorrei.
Neologismi insopportabili riempiono le mie orecchie, mi disturbano e tal volta m’inquietano.
Ero, oggi, appena uscita dalla Gam, sì, lo sai che amo da impazzire quel luogo.
Salita in metro, ascoltavo Stravinskij parlare con la sua Vera, immaginavo un loro dialogo, così come cercavo di vedere ancora il mio amato Casorati.
Tutto era armonioso, tutto in “sezione aurea”, il mio mondo funzionava alla perfezione.
Cercavo di guardare con gli occhi del maestro il paesaggio di Pavarolo, immaginavo Daphne e Francesco da piccino quando la mia attenzione veniva catturata da due fanciulle.
Le due erano spalmate sui sedili di fronte al mio.
Un loro improbabile dialogo mi stava investendo.
Una chiedeva all'altra: <<Oh, ma “Tizio” è un trombamico o lo lovvi?>>. 
Hai capito cumulo di fogli disorientato? Trombamico è una sorta di “cosa umana” che si usa e si getta via.
Un amico/amante.
No, mi sbaglio; amante è una delle più belle parole del dizionario.
Amico è altra cosa, ma un vocabolo altrettanto bello.
Un trombamico è, appunto, una cosa.
Come cosa vuol dire lovvi?
Voce del verbo lovvare, no!
Sì, sto invecchiando… io uso ancora la voce del verbo amare.



lunedì 13 aprile 2015

Tu; il mio specchio, il mio doppio… una moltitudine di “io”

                          










                                                                       

                                                               “Dico sempre quel che penso”.

 

Quante volte sentiamo questa frase e quante volte l’ho proferita io!
Ho trascorso buona parte della mia esistenza con la convinzione che esternare a chicchessia ciò che pensavo fosse buona cosa.
Lo sono stata per molto tempo, esteriorizzando, perciò e con estrema facilità, tutto quel che mi passava per la mente.
Oggi, ormai da un bel po’, questa convinzione non è più mia, invero, mi appartiene il suo opposto.
Inizialmente ho cambiato il mio pensiero e il mio comportamento per la necessità di proteggermi.
Appalesare sempre e comunque ogni mia opinione mi denudava, mostrando soprattutto le innumerevoli fragilità che mi appartenevano.
Debolezze le quali divenivano spesso armi che, previo mio consenso per scarsa consapevolezza, mi ritrovavo puntate addosso dal "plot-One" di turno.
Poi c'ero nuovamente io, io che sono anche l'altro e che lo sono sempre stata.
L'altro; vestito di cicatrici invisibili, altra esistenza, altri pensieri, diverse pulsioni e reazioni.
Quali e quanti diversi modi di affrontare o fruire il macigno, il sassolino, il granello di sabbia dai miei? 
Mi domandavo chi fossi per vomitare addosso all'altro tutto ciò che passava per la mia mente.
Abortivo pensieri senza curarmi di quel che avrebbero potuto cagionare.
Si trattava, molto probabilmente, dell'erronea attribuzione del sinonimo falso a silenzio.
Tacere è rispetto, oggi per me.
Tenere nell'anticamera della bocca ciò che penso è anche assunzione di responsabilità nei confronti dell'altrui esistenza.
Opinioni personali, spesso poco ponderate, liberano solo noi stessi da ciò che nell'altro riconosciamo e che non accettiamo, ma che nel contempo non facciamo nulla per cambiare.
Tuttavia, se così non fosse, mi domando perché io debba offrire, sebbene in forma di giudizio, una sorta di soluzione.
La capacità o incapacità d'introspezione è intima ed estremamente individuale, non necessariamente uguale, ma neppure simile, alla capacità o incapacità d'introspezione di un altro individuo.

Di fatto il confine tra falsità e silenzio non è poi così labile, anzi… e non significa neppure votarsi a una sorta di “martirio” tacendo sempre.
Mandare a quel paese qualcuno, talvolta io lo faccio senza se e senza ma, risulta essere un atto estremamente liberatorio, del quale personalmente raramente mi pento.


Adotta anche tu l'attimo di silenzio e paga il tuo conto, non farlo pagare ad altri, smaltisci i tuoi rifiuti dopo esserti domandato: “Quante persone nella vita mi hanno chiesto cosa pensassi di loro?”.



A me… neppure una.






Foto:
L’enigma umano di Giorgio Kienerk.    




                                            







                                                             (Ti ho dedicato tanto; ti ho dedicato uno sguardo)                                                            

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