martedì 5 agosto 2014

Catarsi





Ti scrivo ciò che non sono mai riuscita a dirti con la speranza che non sia, per me, troppo tardi.
Tu
non avresti mai dovuto essere comunista
non avresti mai dovuto essere alto come una vetta irraggiungibile
non avresti mai dovuto essere bello
non avresti mai dovuto essere colto
non avresti mai dovuto esserci sempre, sebbene impercettibilmente
non avresti mai dovuto bestemmiare
non avresti mai dovuto addormentarti toccandoti il mento, come se fossi perennemente perplesso
non avresti mai dovuto farmi conoscere la pelle delle tue mani, affinché io non la riconoscessi scorgendola dalla una porta d'un cazzo di ospedale
non avresti mai dovuto insegnarmi a fare la meccanica, l'elettricista, l'imbianchina, la giardiniera, l'autista, la restauratrice, la cuoca, la persona
non avresti mai dovuto leggermi tutto il processo di Norimberga e le avventure Pinocchio
non avresti mai dovuto urlarmi in volto che le principesse non sono mai esistite
non avresti mai dovuto arrossire quando ti ponevo domande scomode
non avresti mai dovuto insegnarmi il valore del pudore
non avresti mai dovuto insegnarmi l’importanza del mio privato
non avresti mai dovuto insegnarmi la sacralità della parola data
non avresti mai dovuto insegnarmi la rilevanza di un "principio"
non avresti mai dovuto insegnarmi che un principio può mutare e che solo le persone dotate di rara intelligenza possiedono il coraggio dell'ammissione
non avresti mai dovuto insegnarmi la differenza fra dignità e orgoglio
non avresti mai dovuto insegnarmi a guidare i furgoni, i camion le Bianchine, le Isomoto, i go kart a pedali, i pattini con le rotelle e le biciclette senza rotelle
non avresti mai dovuto riempire la mia stanza di enciclopedie
non avresti mai dovuto regalarmi una bibbia perché illustrata da P. G. Dorè
non avresti mai dovuto regalarmi le scarpette chiodate
non avresti mai dovuto guardare con me le partenze di tutti i Gran Premi
non avresti mai dovuto insegnarmi il valore del silenzio e dell’attesa
non avresti mai dovuto consolarmi ogni volta che piangevo perché moriva un cavallo in un film
non avresti mai dovuto essere ateo
non avresti mai dovuto portarmi con te al comunale per i derby
non avresti mai dovuto essere bravo a cucinare il gulasch ungherese e le patate con salsiccia
non avresti mai dovuto urlare
non avresti mai dovuto regalarmi la pista di automobiline da corsa
non avresti mai dovuto cucinarmi la bistecca di vitello al mattino
non avresti mai dovuto assumere quell'aria forzatamente indifferente alla notizia del mio primo voto dato ai Radicali
non avresti mai dovuto dirmi che ero figlia di un operaio
non avresti mai dovuto fingerti mago, chiaroveggente per leggere il fondo ghiacciato di  un piatto lasciato sul davanzale in una notte d’inverno
non avresti mai dovuto seguire i tuoi studi dai Salesiani
non avresti mai dovuto bere quel bicchiere di vino rosso che, a tuo dire, lasciavi sul tavolo della cucina per la befana stanca
non avresti mai dovuto regalarmi i modellini di automobili
non avresti mai dovuto insegnarmi l’amore per i vecchi e per le loro storie
non avresti mai dovuto insegnarmi la complicità facendo sostituire, dal cartolaio e di nascosto dalla mamma,  il pennino della mia prima Auretta verde acqua
non avresti mai dovuto raccontarmi delle bombe su Torino e delle porte divelte dai vuoti d’aria
non avresti mai dovuto presentarmi la tua amante oca e imbecille
non avresti mai dovuto raccontarmi il femminismo e gli aborti clandestini
non avresti mai dovuto portarmi a visitare i musei e cimiteri
non avresti mai dovuto farmi ascoltare il tuo amato jazz
non avresti mai dovuto giocare con me alla mummia al museo Egizio
non avresti mai dovuto regalarmi il primo e il secondo cavalletto
non avresti mai dovuto portarmi a visitare la casa di Cavour
non avresti mai dovuto indossare camicie bianche
non avresti mai dovuto regalarmi una salopette di jeans a Pasqua
non avresti mai dovuto insegnarmi a mutare me stessa in una tapparella, affinché potessi ripararla poiché tu, troppo malato, non ci saresti più stato
non avresti mai dovuto insegnarmi l’onestà
non avresti mai dovuto sussurrarmi le tue ultime, maledette, parole fra le braccia
tu, Mario, tu papi, avresti dovuto darmi il tempo di ucciderti prima di morire, così lo faccio adesso.
Ti amo pa'
 Io

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