martedì 10 dicembre 2013

La mia pancia con le orecchie



Possedeva orecchie invisibili la mia pancia; così immaginavo il mio ventre da bimba.
Non riuscivo a descrivere con le parole ciò che nei musei vedevo, ma avevo la netta sensazione che ascoltassi con la pancia la descrizione che i miei occhi mi fornivano.
Ancora oggi la mia pancia possiede orecchie e col passare degli anni son spuntati anche gli occhi.
Diviene cieca e sorda quando mi trovo al cospetto di una tela intonsa e l’accarezzo, allora la pancia torna a essere pancia.
Immagino che lo faccia per dare a se stessa la possibilità di arrotolarsi, contorcersi e  tremare.
Capita così anche carezzando il foglio del gigantesco blocco schizzi, sebbene lo stesso sia  formato da modesti fogli di carta spolvero.
Lì c’è tutta la penuria di poesia del globo, tutte le mie tensioni, l’assenza di speranza e il sapore della nebbia in gola… lì è il vuoto.
La mia carezza è una richiesta di permesso a violare, la visione mentale attende assai; silente e in ordinata coda con altre immagini, spesso non è così per il gesto che ha tempi molto diversi per unirsi a lei; è lui che vìola.
Quando le parole scritte prendono il posto del disegno, quando sono le sensazioni quelle che uso come bozzetti; ecco, allora in quei casi le orecchie e gli occhi della mia pancia hanno la capacità di unire gesto e mente.
Gli organi invisibili del mio ventre, spesso, vedono e sentono prima e meglio di quanto fanno i miei occhi e orecchie reali che hanno il grande limite di ascoltare troppo ciò che la ragione, con le sue regole dettate dalle nozioni incamerate, suggerisce loro.

Nessun commento:

Posta un commento

Translate