martedì 20 maggio 2014

Eutanasia di un viaggio


Ho dormito con uno sconosciuto.


Io che reputo il sonno lo stato più intimo di una persona, la condizione che può essere condivisa solo in rarissimi casi e non con un “qualunque”.

Le difese scivolano via, il volto, troppo rilassato, diviene come trasparente sino a quasi palesare le immagini che la mente partorisce; fotogrammi d’intimità assoluta.

Ho dormito con uno sconosciuto.


Io che dormo da sola, ho dormito con lui: un perfetto estraneo, un senza nome, uomo il cui volto ho scordato.
Nulla in comune con la trama di Ultimo tango a Parigi, film che amo… niente che gli somigli, eccezion fatta per l’assenza di un nome, almeno come avviene per buona parte della celebre pellicola.
Dello sconosciuto io non ho memoria alcuna, non conosco il suo nome né ho mai saputo se avesse avuto una consorte morta suicida o se stesse gestendo un albergo o una pizzeria, se egli fosse uno scalatore del K2 o, chissà, un fumettista-cantante.
Al mio risveglio lui era lì, bocca un po’ aperta, un leggero sibilo; io confusa, disorientata per un attimo che m’è parso lunghissimo, ricomponendomi, ho cercato risposte ai miei quesiti…
Quell'attimo di sbandamento, di vuoto è durato fino a quando mi sono resa conto d’esser sul treno, seduto accanto a me, dormiente quanto lo ero stata io, lo sconosciuto.


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