I mezzi di comunicazione a nostra disposizione, oggi, sono
molteplici:
Telefono (Fisso, per chi ancora lo possiede)
Cellulari (Spesso più d’uno)
Indirizzi di posta elettronica (Io stessa ne posseggo una
decina)
Chat varie (Skype & affini)
Social network (Vari & a-variati)
Telegrafo (Telegrammi)
Missive cartacee (Lettere con francobollo se spedite o senza
se recapitate a mano)
Il telefono se fisso lo è perché, ovviamente, lo stesso è
all'interno della nostra abitazione.
Ricevere le telefonate in casa è un po’ come invitare un
ospite a entrare nella propria magione.
Implica, a parer mio, una certa dose di confidenza;
tant'è vero che, come me, molti non sono
avvezzi a comunicarne il numero con facilità, sebbene gli stessi siano agevolmente
reperibili.
Vi è poi il fratello “moderno”: il cellulare, il piccolo
telefono.
Oggetto che personalmente ho sempre detestato del quale
oggi, pare, non si possa fare a meno.
Scordare lo stesso provoca preoccupazioni che talvolta inducono
a tornare indietro per riprenderlo.
Lo collochiamo in tasca, in borsa. Lo poniamo in bella vista
sul tavolino di un bar, sul sedile della nostra autovettura come fosse un
passeggero onorato. Al ristorante non è mai perso di vista, il bambino.
Dopo svariate ore passate in sua compagnia, prima di deporlo
per la notte, lo controlliamo.
Controlliamo che non ci sia sfuggito il messaggino, la telefonata.
C’è chi controlla posta e le notizie dai social.
Le rubriche del “telefonino” sono spesso stracolme di numeri
e nomi senza più alcun volto.
Nomi di persone che hanno sfiorato la nostra esistenza in
mille e più modi, ma che a un certo punto, e per svariati motivi, non ne fanno
più parte: perdono, nella nostra memoria, volto e voce (almeno nella mia
funziona così).
I numeri inutili di persone ormai anonime.
Vogliamo parlare delle e-mail? Spesso mal scritte, vuote
comunicazioni pressoché impersonali.
Ricevo non so più quante e-mail al giorno, fatte salve
quelle delle mie pochissime persone care, si tratta di missive frettolose, insulse
e sovente mal scritte.
Eccoci alle amate/odiate chat.
Lì, oltre alle normali comunicazioni di e per lavoro o tra
amici distanti, può succedere di tutto.
Videochiamate quasi ad anticipare la possibilità futura di
teletrasporto.
Trasporto della materia; la pelle.
Distanze chilometriche pressoché annullate.
Intimità portate a schermo, voci suadenti e pezzi di case
apparentemente presentabili.
Il nostro piccolo, miserabile e codardo mondo riassunto in
“pollici”.
La mortificazione dei sensi.
Poste e telegrafi:
“ Buongiorno
signorina, vorrei dettare un telegramma… “.
A chi non è capitato di proferire parole simili da una
comune cornetta telefonica o allo sportello di un ufficio postale?
Chi non ha avvertito accelerazione dei propri battiti cardiaci,
sebbene lo stesso non sia sempre portatore di brutte notizie, al ricevimento di
un telegramma?
Il telegramma è per poche parole, parole ufficiali molte
volte importanti.
Le missive cartacee, le lettere, le epistole.
Quelle bustine garbate che celano discretamente il loro
contenuto.
Tatto che le analizza voltandole da un lato e poi dall'altro.
Vista che, leggendo
il nome del mittente, rimanda al cervello l’immagine del nostro ospite.
Immagine che evoca il suono di una voce.
Gratitudine per l’individuo che ti sta facendo sentire “ La
Persona”.
Riconoscenza per un particolare senso di “Unicità” che
comunica.
Una piccola busta di carta; lei, così delicata, discreta
portatrice di parole scritte da qualcuno per qualcun altro.
La lettera è personale, un sussurro rispetto alle “strilla comportamentali”
dalle quali siamo costantemente bombardati.
Ho ricevuto pochi giorni orsono una piccola busta.
Il mittente, un uomo garbato, che oltre ad occuparsi di
altro nella sua vita è anche un fabbricante di musica jazz.
Signore che carezza e dialoga sapientemente con le corde del
suo contrabbasso.
E’ parecchio tempo che non l’incontro, le vite, come spesso
accade, prendono direzioni diverse.
Lui non si è limitato a scannerizzare l’invito a una jam
session alla quale prenderà parte e a inviare il tutto tramite veloce, sì, ma fredda
posta elettronica.
No, lui ha pensato di
cercare l’indirizzo del mio attuale domicilio, ha inserito il prezioso invito
all'interno dell’amabile busta accompagnandolo con una lettera scritta di suo
pugno.
Un insieme di vocali,
consonanti, virgole, punti e tutto il resto che mi ha reso felice.
Ho apprezzato profondamente il tempo, quel tempo, il suo
tempo, dedicato solo a me.
Una porzione della sua esistenza svuotata dalla fretta ed esente
dal dilagante pressappochismo.
Gesto da me apprezzato perché colmo di delicatezza e scevro
da ogni forma di volgarità.
Era un desiderio che avevo reso pubblico, un po’ per
scherzo, molti mesi fa e lui, grande osservatore, lo ha realizzato… un regalo
di Natale in agosto.
Nessun commento:
Posta un commento