sabato 10 agosto 2013

Un regalo di Natale in agosto.


I mezzi di comunicazione a nostra disposizione, oggi, sono molteplici:
Telefono (Fisso, per chi ancora lo possiede)
Cellulari (Spesso più d’uno)
Indirizzi di posta elettronica (Io stessa ne posseggo una decina)
Chat varie (Skype & affini)
Social network (Vari & a-variati)
Telegrafo (Telegrammi)
Missive cartacee (Lettere con francobollo se spedite o senza se recapitate a mano)


Il telefono se fisso lo è perché, ovviamente, lo stesso è all'interno della nostra abitazione.
Ricevere le telefonate in casa è un po’ come invitare un ospite a entrare nella propria magione.
Implica, a parer mio, una certa dose di confidenza; tant'è  vero che, come me, molti non sono avvezzi a comunicarne il numero con facilità, sebbene gli stessi siano agevolmente reperibili.
Vi è poi il fratello “moderno”: il cellulare, il piccolo telefono.
Oggetto che personalmente ho sempre detestato del quale oggi, pare, non si possa fare a meno.
Scordare lo stesso provoca preoccupazioni che talvolta inducono a tornare indietro per riprenderlo.
Lo collochiamo in tasca, in borsa. Lo poniamo in bella vista sul tavolino di un bar, sul sedile della nostra autovettura come fosse un passeggero onorato. Al ristorante non è mai perso di vista, il bambino.
Dopo svariate ore passate in sua compagnia, prima di deporlo per la notte, lo controlliamo.
Controlliamo che non ci sia sfuggito il messaggino, la telefonata.
C’è chi controlla posta e le notizie dai social.
Le rubriche del “telefonino” sono spesso stracolme di numeri e nomi senza più alcun volto.
Nomi di persone che hanno sfiorato la nostra esistenza in mille e più modi, ma che a un certo punto, e per svariati motivi, non ne fanno più parte: perdono, nella nostra memoria, volto e voce (almeno nella mia funziona così).
I numeri inutili di persone ormai anonime.
Vogliamo parlare delle e-mail? Spesso mal scritte, vuote comunicazioni pressoché impersonali.

Ricevo non so più quante e-mail al giorno, fatte salve quelle delle mie pochissime persone care, si tratta di missive frettolose, insulse e sovente mal scritte.
Eccoci alle amate/odiate chat.
Lì, oltre alle normali comunicazioni di e per lavoro o tra amici distanti, può succedere di tutto.
Videochiamate quasi ad anticipare la possibilità futura di teletrasporto.
Trasporto della materia; la pelle.
Distanze chilometriche pressoché annullate.
Intimità portate a schermo, voci suadenti e pezzi di case apparentemente presentabili.
Il nostro piccolo, miserabile e codardo mondo riassunto in “pollici”.
La mortificazione dei sensi.

Poste e telegrafi:
 “ Buongiorno signorina, vorrei dettare un telegramma… “.
A chi non è capitato di proferire parole simili da una comune cornetta telefonica o allo sportello di un ufficio postale?
Chi non ha avvertito accelerazione dei propri battiti cardiaci, sebbene lo stesso non sia sempre portatore di brutte notizie, al ricevimento di un telegramma?
Il telegramma è per poche parole, parole ufficiali molte volte importanti.


Le missive cartacee, le lettere, le epistole.
Quelle bustine garbate che celano discretamente il loro contenuto.
Tatto che le analizza voltandole da un lato e poi dall'altro.
 Vista che, leggendo il nome del mittente, rimanda al cervello l’immagine del nostro ospite.
Immagine che evoca il suono di una voce.
Gratitudine per l’individuo che ti sta facendo sentire “ La Persona”.
Riconoscenza per un particolare senso di “Unicità” che comunica.
Una piccola busta di carta; lei, così delicata, discreta portatrice di parole scritte da qualcuno per qualcun altro.
La lettera è personale, un sussurro rispetto alle “strilla comportamentali” dalle quali siamo costantemente bombardati.
Ho ricevuto pochi giorni orsono una piccola busta.
Il mittente, un uomo garbato, che oltre ad occuparsi di altro nella sua vita è anche un fabbricante di musica jazz.
Signore che carezza e dialoga sapientemente con le corde del suo contrabbasso.
E’ parecchio tempo che non l’incontro, le vite, come spesso accade, prendono direzioni diverse.
Lui non si è limitato a scannerizzare l’invito a una jam session alla quale prenderà parte e a inviare il tutto tramite veloce, sì, ma fredda posta elettronica.
 No, lui ha pensato di cercare l’indirizzo del mio attuale domicilio, ha inserito il prezioso invito all'interno dell’amabile busta accompagnandolo con una lettera scritta di suo pugno.
 Un insieme di vocali, consonanti, virgole, punti e tutto il resto che mi ha reso felice.
Ho apprezzato profondamente il tempo, quel tempo, il suo tempo, dedicato solo a me.
Una porzione della sua esistenza svuotata dalla fretta ed esente dal dilagante pressappochismo.
Gesto da me apprezzato perché colmo di delicatezza e scevro da ogni forma di volgarità.

Era un desiderio che avevo reso pubblico, un po’ per scherzo, molti mesi fa e lui, grande osservatore, lo ha realizzato… un regalo di Natale in agosto.







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