Mi
piace stare con me. Mi piace concedermi, quando possibile, piccole
vacanze in solitudine.
Alcune
volte questo mio fare è accolto dalle persone che mi sono care, con
una forzata tolleranza e non con la comprensione piena che mi
aspetterei.
La
solitudine che mi spaventa è quella “accompagnata”, è
l'isolamento nel caos.
La
vacanza, per molti, è strettamente legata all'allontanamento dalla
città in cui si vive, non per me.
Una
passeggiata senza meta con il maso all'insù o all'ingiù è una
pausa piacevole come lo è la visita a una mostra o a un museo; una
sospensione.
Uno
dei luoghi che prediligo è il museo. Musei, nella mia vita ne ho
visitati “alcuni”. Rarissimi i casi in cui non mi siano piaciuti.
Torino offre, a cominciare dal celeberrimo Egizio, una ampia e ricca
scelta. Il turista, il vacanziero, il villeggiante che arriva o passa
per Augusta Taurinorum ha di che soddisfare le proprie voglie in
merito ai suddetti luoghi.
Giovedì
scorso anziché pranzare ho deciso di trascorrere il paio d'ore che
avevo a disposizione per visitare due musei torinesi.
Uno
mi era stato caldamente consigliato da un caro amico; il Museo della
Frutta di Francesco Garnier
Valletti situato nella zona
di San Salvario in via via P. Giuria, 15.
Sempre
allo stesso indirizzo e al medesimo piano, dal 2009, vi è ospitato
anche il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso, che ho
potuto visitare dopo
essermi ripromessa svariate volte di farlo.
Mostro
all'entrata la mia tessera Musei e subito vengo accolta da personale
eccellente, preparato e
cortese.
Mi
rendo conto immediatamente di trovarmi in un luogo fuori dal comune e
fuori dal tempo liquido che, mio malgrado, son costretta a “vivere”.
Marco
Ezechiele Lombroso detto Cesare si
laurea in medicina nel 1858 a Pavia con un elaborato sul cretinismo
in Lombardia. Istitutore
dell’antropologia
criminale che
nasce a seguito di un'autopsia sul corpo del brigante calabrese
Giuseppe Villella nel 1870.
Il
museo dedicato a lui ospita,
oltre una ricca raccolta di teschi umani, moltissimi manufatti di
carta, legno e stoffa. Disegni anatomici, fotografie, corpi di reato.
Elaborati artigianali e
artistici
provenienti da manicomi
e carceri, materiale della
seconda metà dell'Ottocento
e
prima parte del Novecento.
Be',
quello che mi ha rapita è proprio l'alto
livello artistico
dei reperti. Son rimasta di stucco., mi trovavo all'interno del più
bel museo da me finora
visitato.
Ancora
in tempo per un secondo assaggio e con gli occhi pieni di meraviglia
varco la soglia dell'attiguo Museo della Frutta.
Come
inebetita mi trovo al centro di questa sala colma di riproduzioni
perfette
di ogni tipo di mele, pere,
uva; insomma ho voglia di urlare : “ Sig.
Valletti voi siete un meraviglioso folle!”.
Queste
opere d'arte nate dalle mani di questo splendido modellatore di
Giaveno, un ceroplasta abilissimo.
Quei frutti paiono veri, vivi.
Sono
lì, immobili. Lì,
in bella mostra.
Una
voce piacevole e familiare giunge dal fondo della sala, da un piccolo
e discreto schermo
arriva la suono vocale e il portamento di Vittorio Gasman.
Bella
sorpresa, bello vederlo qui,
qui esattamente
dove sono io.
Quella
voce così importante, quel suo Italiano… nessuno meglio di lui.
Anche in questo, non così banale, dettaglio hanno avuto un gran
gusto.
Quei calchi
dei frutti sono costruiti con superba maestria dall'artista Garnier
Valletti.
Curiosa
come una bertuccia scopro, leggo che gli stessi sono composti da una
mescola di pece greca, dammar (resina) e biacca.
Insomma,
i due musei mi hanno arricchita, sono stati corroboranti.
Tornerò
presto, dedicherò loro tutto il tempo possibile.
Tornerò
con il mio blocco schizzi, lì un pittore dovrebbe quasi viverci.
Ho
passato un paio d'ore in ottima compagnia e non mi son sentita sola
ma in solitudine.
http://museolombroso.unito.it/index.php/it/
http://www.museodellafrutta.it/navigazione/informazioni.htm
Immagini dal Web
Nessun commento:
Posta un commento